È strano come me lo sentissi. Da mesi pensavo che qualcosa sarebbe successo, anche se non riuscivo a concretizzare questa situazione, che come tutti ho inizialmente poco compreso. Poi l’autoisolamento dai miei cari perché continuavo a lavorare e il pensiero degli amici e colleghi malati, le telefonate di notte perché nn riuscivano né a respirare né a dormire, poi i messaggi perché non riuscivano più a parlare, poi il coma, il silenzio di persone che conoscevo dai banchi di medicina.

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Il pensiero di rendersi utili perché non mi piace che una cosa invisibile tenti di distruggere la mia specie, i contatti con tutti, l’esperienza dei social che, riuscendo a essere vicino ai miei amici e pazienti, mi dava una forza incredibile.

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Le visite e gli interventi attraverso una specie di scafandro, 3 occhi per un verso o per l’altro li ho salvati. Mi ricordo di un 92enne con un solo occhio funzionante e una improvvisa disgrazia pure in quello. Ma lui  voleva vedere, per vivere. C’ero, e l’ho accontentato.

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Poi me stesso, disciplina, cura nell’alimentazione, un pò di sole dal balcone per alzare le difese immunitarie e finalmente un dialogo calmo con una persona con cui ho scoperto di stare molto bene, un certo Igor di Carlo.

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La libertà , vigilata ovviamente. Gli sguardi che diventano più espressivi, isolati dalla mascherina. Quanto mi faccia piacere il contatto del gomito con quello di un’altro essere.

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Non sono cambiato, sono solo un pò più me stesso, in mezzo a tante persone un pò più loro stesse. Non perdiamoci.

Igor, quello senza cravatta …