LA FATICA DEL VIAGGIO
Mi prendo sovente cura della vista di professionisti dello sport. Recentemente ho operato un pilota che corre in moto, un giocatore di golf e un pilota di Gruppo 4 del motorsport.
Ciò che accomuna questi pazienti particolari era da una parte l’umiltà e dall’altra l’assoluto desiderio di godere più della “fatica del viaggio” che della vittoria. Volevano gareggiare, non erano interessati alla Coppa di turno, ma per competere dovevano vedere bene.
Questo atteggiamento ha reso il mio lavoro molto facile, perché si tratta di persone che non concedono molto a se stesse, e che hanno ben chiaro cosa vogliono. Operare su una persona che sa delineare i suoi obbiettivi diventa un lavoro davvero bello.

LA SUPERVISTA
Anche io non sono tanto innamorato del risultato (indispensabile, sia chiaro), quanto della fatica del viaggio e di come farlo al meglio. I due piloti avevano un’esigenza particolare. Non dovevano risolvere un problema di vista o curare una patologia dell’occhio, ma avevano la necessità di una supervista. Questo perchè serve vedere un cordolo che si avvicina a 300 km/h. Il cordolo, per capirci, è un piccolo marciapiede smusso che possibilmente devi evitare e che si avvicina veloce come un lampo.
Quindi non devi solo vedere benissimo, ma devi riuscire a reagire istintivamente allo stimolo visivo. La visione deve essere non solo quella del singolo occhio, ma anche una stereoscopica, combinata. Bisogna fornire un quadro completo dell’immagine, per cui entrano in gioco altri fattori, per esempio l’aberrazione, cioè difetti visivi non percepibili ma esistenti e la capacità di fondere l’immagine dei due occhi. In sintesi: bisogna fare andare d’accordo i due occhi, specie se prima dell’intervento erano in leggero disaccordo. Si devono fare dei calcoli che hanno del profondo razionale, ma anche qualcosa di istintivo, perché andando in moto e toccare i 300 all’ora, l’istinto serve eccome.

LO ZERO VIRGOLA
Per trasformare una vista in “supervista” non ho fatto nulla di diverso da quello che faccio quando cerco di prendermi cura della vista anche di altri pazienti, semplicemente devo applicare una attenzione maniacale dell’approssimazione.
Specie lo “zero virgola”, in più o in meno, studiato in ogni singolo passaggio del percorso che porta a decidere come impostare il laser. Oppure nella scelta delle tecniche chirurgiche, nella correzione giusta, o ancora nel chiedere a una ditta di fornirmi materiale dotato degli opportuni parametri biometrici proprio per quell’occhio. Per impostare la correzione del laser definendo lo zero virgola, serve tempo, ma una tolleranza molto bassa se non nulla su ogni singola misurazione, porta alla fine al risultato desiderato.

L’ISTINTO
Dopo queste misurazioni assolutamente precise, arriva quella componente istintiva che può farti decidere solo allora di ammorbidire i parametri impostati. In fondo si risponde a quel principio di fisiologia che ci dice che noi siamo comunque macchine basate sull’errore e il nostro compito è sbagliare sempre meno. Ed è questa spinta che ci porta ad avere il risultato desiderato.

I CAMPIONI DI OGNI GIORNO
Però ricordiamoci anche che i campioni non sono solo quelli alla ribalta delle telecamere e dei giornali, ma possono essere quelli che tutte le mattine della loro vita si svegliano alle sei per andare a lavorare. A volte in quelle categorie trovo più campioni che tra i corridori.

L’ANEDDOTO
C’è un aneddoto divertente che condivido volentieri qui. Il pilota della categoria veterani di gruppo quattro di automobilismo, quando si è presentato per la prima volta in studio, vestiva i panni della persona più semplice e anonima di questa terra.  Aveva una sola richiesta: doveva vedere bene, il meglio possibile, il prima possibile. Sono stato anche fortunato perché la sua richiesta era esaudibile, ero in grado di soddisfarla. A cose fatte, non finiva più di ringraziarmi con una cortesia e una umiltà che è di solito delle grandi persone. La domenica successiva mi è arrivata una foto di lui sul gradino più alto di un podio automobilistico. Non sapevo nulla di lui, ho scoperto solo in quel momento che il mio lavoro gli è servito per vincere il gran premio.